A Matter of Radiance

Padiglione Nazionale dell’Uzbekistan

In risposta al tema di questa edizione della Biennale, Intelligens. Natural. Artificial. Collective, Il Padiglione Nazionale dell’Uzbekistan esplora l’attuale rilevanza scientifica e culturale di una struttura modernista: l’Eliocomplesso Solare (oggi noto come Istituto Solare delle Scienze dei Materiali), costruito nel 1987 nei pressi di Tashkent.

Il complesso è una delle due strutture esistenti al mondo dotate di una fornace solare che permette di studiare il comportamento dei materiali a temperature estreme. Capace di raggiungere rapidamente temperature vicine ai 3,000°C (consentendo così di eliminare le impurità dei materiali), la fornace fu originariamente concepita per la ricerca spaziale e militare. Oggi, la struttura si sta riorientando verso obiettivi di innovazione dei materiali e sostenibilità.

Tipico prodotto della competizione tecnologica della Guerra Fredda, il complesso fu sviluppato dopo la costruzione di una struttura analoga a Odeillo, in Francia, nel 1968. Il sito vicino a Tashkent, capitale dell’Uzbekistan, fu scelto per le sue condizioni climatiche e geologiche favorevoli. Si è trattato di uno degli ultimi importanti progetti scientifici sovietici completati prima della dissoluzione dell’URSS.

Il Padiglione propone una riflessione sulla natura paradossale di questa struttura. La convergenza tra gli eventi storici e le dimensioni monumentali dell’impianto, espressione della logica bipolare del sistema mondiale fino al 1991, ha costretto a ripensare gli obiettivi e la ragion d’essere della struttura ad ogni cambiamento delle circostanze sociali, economiche e politiche.

Nel contesto della mostra, questa ambivalenza si traduce in una duplice narrazione intorno a una fornace che si presenta come sostenibile e ingombrante, modernista e arcaica, didattica e segreta, celebrativa e utilitaria, specifica e generica. Una configurazione che ci invita, nelle parole di Steve Woolgar, a formulare “domande più profonde sugli aspetti della scienza e della tecnologia che diamo per scontati”. Sospesa nel tempo e nello spazio tra innovazione e obsolescenza, questa architettura continua a emanare un’aura di utopia sul paesaggio circostante.

Anziché considerare tale ambiguità come un difetto, il Padiglione e il catalogo scelgono di esplorarne il potenziale, il significato e la rilevanza in termini di scienza, sostenibilità e cultura, interrogandosi sulle lezioni che potremmo trarne oggi. Un approccio che permette di riesaminare la struttura in una prospettiva che non si limita al problema della sua conservazione e che la colloca in un discorso scientifico e culturale più ampio.

Ricostruiti con modifiche o trasportati dall’Uzbekistan e adattati, gli elementi della struttura presentati all’interno del Padiglione (l’eliostato, la scrivania della sala di controllo, lo schermo solare della facciata, il lampadario, un dipinto e una panchina) rivelano e sottolineano la natura ambivalente dell’Istituto Solare, evidenziandone le molteplici funzioni latenti. Permettono inoltre lo sviluppo di una narrazione sull’impatto scientifico, sociale e culturale della tecnologia e sulla sua capacità di cambiare o adattare il proprio significato col passare del tempo.

Alla fine della Biennale, questi elementi inizieranno o proseguiranno la loro “esistenza reale” all’Istituto Solare in Uzbekistan in qualità di strumenti di ricerca scientifica, oggetti artistici o educativi o come opportunità di scambio di competenze tra Europa e Uzbekistan.

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La natura interdisciplinare della mostra e del catalogo si riflette nella varietà dei profili dei partecipanti uzbeki e internazionali, tra cui lo scrittore Suhbat Aflatuni, la troupe del teatro Ilkhom, l’artista Armin Linke, le stelle emergenti della scena artstica di Tashkent Ester Sheynfeld e Mukhiddin Riskiyev, così come il regista cinematografico Azamat Abbasov. Il dialogo con i fisici Odilkhuja Parpiev e Sultan Suleymanov e con Rustam Azimov, figlio di Sadyk Azimov, ci accompagnano nell’esplorazione di questo sfaccettato patrimonio modernista evidenziando il contributo di Sadyk Azimov, il fisico uzbeko che ha dedicato la sua carriera alla costruzione e messa in attività dell’Istituto.

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La mostra e il catalogo si basano su Tashkent Modernism XX / XXI, un progetto di ricerca di ampia portata iniziato nel 2021 in risposta all’urgente necessità di preservare l’architettura modernista di Tashkent. Ideato da Gayane Umerova, presidente della fondazione uzbeka Art and Culture Development Foundation (ACDF) e coordinato da GRACE, il progetto ha riunito una vasta squadra di esperti internazionali al fine di documentare e reinterpretare per la prima volta un patrimonio architettonico costituito da ventiquattro importanti siti modernisti della capitale. Nel corso degli anni, il progetto ha dimostrato l’importanza di questi edifici modernisti per l’identità di Tashkent e ha ottenuto, per ventuno di essi, lo status di patrimonio nazionale.